Da “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo
“…sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.”
Notevole e vasta, la produzione del pittore triestino Giuseppe Barison è rappresentata presso la Fondazione con pezzi soprattutto legati alle imprese decorative. In primis le buone prove già di tenue derivazione floreale realizzate per l’allora Caffé alla Stazione; un lavoro che vede il pittore alle prese con temi moderni, allegorie femminili dell’Elettricità e la Geografia, realizzate dopo numerosi e pregevoli studi a matita nel 1897, e che andarono ad affiancarsi alle prove dei colleghi Eugenio Scomparini, Antonio Lonza, Giuseppe Pogna e Guido Grimani per uno dei caffé più suggestivi nella Trieste tra Otto e Novecento. Ma il destino di Barison si legò indissolubilmente alla Cassa di Risparmio di Trieste allorquando, nel 1911, egli venne chiamato a decorare la sede centrale con i pannelli decorativi raffiguranti i Mercanti e i Costruttori. Va segnalato che il pittore, non più giovanissimo, arrivò primo al concorso indetto dalla Cassa di Risparmio suscitando l’ammirazione generale di critici e colleghi; le tele lo vedono omaggiare la pittura Quattro-Cinquecentesca a lui cara e frequentata nel periodo viennese all’Accademia di Belle Arti tra il 1872 ed il 1876; nel caso dei due pannelli, è Carpaccio l’artista al quale egli idealmente si ricollega. Come narrano le cronache, prima di portarli a termine nel 1912, il pittore a causa dell’esiguo spazio nel proprio studio, fu costretto ad arrotolare le imponenti tele durante la lavorazione, senza vederne quindi il risultato se non al loro completamento. In un contesto simile egli non volle rinunciare a dare la propria fisionomia al personaggio che campeggia al centro del pannello de i Costruttori. Dei due grandiosi pannelli, la Fondazione possiede pure i bozzetti che mostrano una fluidità e ricchezza cromatica estranea nella traduzione su vasta scala, oltre ai diversi studi a matita che dimostrano le abilità non comuni nella pratica del disegno. Non viene trascurato nemmeno il Barison ritrattista, qui presente con quattro prove significative; tali sono i componenti della famiglia Del Piero immortalati tra il 1880 ed il 1881, ovvero quando il pittore fece ritorno da un soggiorno a Roma grazie ad una borsa di studio; certamente influenzato dai pittori romani dell’epoca, ma capace di non risentire troppo della lezione fortunyana, va ammirata una compattezza e sapienza coloristica che ne faranno le peculiarità e la fortuna del pittore a Venezia, a partire dal 1882. L’altro ritratto, più maturo, oggi presso la sede della Regione, è un ritratto di signora con il ventaglio, eseguito nel felice periodo di ritrattista della borghesia triestina tra la fine del XIX e primi del XX secolo. Barison non rinuncia al consolidato impianto compositivo, ma con accuratezza quasi maniacale, permette all’osservatore di posare gli occhi sui vari dettagli che compongono il ritratto.
Sono pure presenti due lavori che testimoniano la tarda attività del pittore. Il primo è legato alle vicende della Prima Guerra Mondiale, quando il pittore si era rifugiato a Pegli in Liguria e successivamente a Milano ma che, come altri colleghi, ne immortalava le cruenti fasi; nel suo caso, il Soldato con due cavalli è un soggetto scelto soprattutto per la forte passione rivolta all’elegante e possente animale. Il secondo è una Marina; soggetto carissimo al pittore, tanto che gli ultimi capolavori, sia di formato impegnativo sia realizzati su piccole tavole accese in un tono post-impressionista, raffigurano proprio il mare. Con tele dedicate a questo tema, Barison diventerà punto di riferimento per le più giovani generazioni impegnate in tale ambito (Guido Grimani e Ugo Flumiani, solo per citare i più noti).