Dopo una prima formazione sotto la guida di Eugenio Scomparini, tra il 1901 ed il 1903, insieme all’amico Romano Rossini, Bergagna fu dapprima pittore decoratore. Quando iniziò ad esporre con regolarità alle Biennali romane e veneziane nei primi anni ’20, poté confrontarsi soprattutto con le opere di Mario Cavaglieri e degli artisti di Ca’ Pesaro, come Moggioli o Semeghini, che su di lui avranno influenze assai rilevanti. Definire, infatti, fauve il pittore triestino pare spesso fuorviante essendo pure vicino ad istanze del Novecento italiano della Sarfatti. Proprio in tale direzione guarda la Donna e barca della Fondazione; opera cardine realizzata intorno al 1931 e presentata alla Mostra del Mare del 1934; giustamente Sergio Molesi ne vede una trattazione alla Sironi in un clima inquietante non distante da Nathan o Bolaffio mentre, all’epoca, Remigio Marini, ravvisava pure ricordi di certa cartellonistica per una sintesi pressoché totale della figura facendo notare però “il vivacissimo bel colore”. Tor Chucherna è del 1945 e appartiene a quella fase “argentata” di Bergagna che forse, troppo presto, lascerà per una pittura alla Bonnard a partire dal 1947; qui paiono evidenti certe soluzioni del russo Issupoff, all’epoca amatissimo a Trieste, o addirittura di Antonio Mancini per ricerca luministica ma, in pieno clima padano, per una stesura a tratti stenografica tipica di De Pisis, che Bergagna ammirava. L’Interno dello studio, opera tra le ultime di Bergagna e datato al 1955, vede il pittore non tanto tornare su quel fauvismo così spesso declamato ma, come ancora Molesi scriveva nel 1972, “un ritorno al luminismo impressionistico”. E’ un’opera scandita su più livelli e con un Bonnard costantemente tenuto presente, persino nella trattazione.