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La Collezione d’Arte
Arturo Fittke
Ritratto femminile
Olio su tela, cm 55,6 x 40

Grazie alla donazione, avvenuta di recente, ad opera di Carlina Rebecchi Piperata ai Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, del problematico pittore possiamo farci un’idea ben chiara. Egli si pone fra le voci di maggior modernità nella Trieste tra Ottocento e Novecento e, sebbene la sua parabola esistenziale lo abbia consegnato al mito e a facili rivalutazioni di tipo biografico, la sua opera sarà destinata ad essere valutata quanto quella dell’amico Umberto Veruda. Ancora oggi, la monografia del 1979 di Renata Da Nova rimane punto ineludibile per qualsivoglia ricerca sull’artista e fu proprio qui che apparvero i dipinti delle raccolte d’arte della Fondazione. Si tratta di due ritratti, l’uno, raffigura un ancora ignoto personaggio con gli occhiali caratterizzato da un’immediata freschezza e capacità, da parte di Fittke, di piegare il bagaglio tecnico monacense ricevuto tra il 1893 ed il 1895, in un segno fluido e un po’ allucinato che traspare dallo sguardo dell’effigiato; l’altro, una meditabonda figura femminile colta nell’istante di accingersi a scrivere qualcosa sul quadernetto che le si para davanti, posto in obliquo su un tavolo tipicamente fin de siècle con tanto di abat-jour che va ad illuminare lo scialle bianco. I due dipinti furono allora, con cautela, attribuiti a Fittke da Da Nova su indicazione di Carlina Rebecchi Piperata; un’attribuzione che può essere ben confermata. La studiosa avanzava per l’uomo con gli occhiali una datazione attorno al 1908 mentre per la donna che scrive una lettera (da una visione del dipinto pare trattarsi di un più consistente quaderno) al 1905; forse, l’uomo con gli occhiali meriterebbe una datazione anticipata affiancandolo ad esiti prima del 1900, come quelli rappresentati dallo splendido Autoritratto del Museo Civico di Pordenone del 1897. Ci troviamo di fronte ad un pittore tutt’altro che isolato, appartato e non capito come si è voluto far passare sino ad oggi, ma dinanzi ad un artista che, è bene ricordarlo qui, si formò rapacemente a Monaco in anni cruciali per certa modernità pittorica, aprì dal 1896 uno studio a Trieste con l’amico Umberto Veruda che significava l’avanguardia, espose nella città giuliana regolarmente nel 1900, 1901 e 1904 ottenendo pure l’attenzione di Adolfo Venturi e, dulcis in fundo, partecipò nel 1907 alla VII Esposizione Internazionale di Venezia. Fu un disegnatore eccezionale e, a tale proposito, la Fondazione possiede tre fogli di varie dimensioni eseguiti tra il 1903 ed il 1904, vale a dire quando frequentava i Caffé cittadini alla ricerca di volti, espressioni al limite della caricatura, sempre colti in un momento riflessivo, corrucciati se non amari.

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