Una giovane donna, ignuda, seduta su un muricciolo, poggia la mano sinistra su un panneggio; alla sua destra, all’estremità del quadro, compare uno specchio, quasi a volerne duplicare l’accecante bellezza. Dietro corre un fiume, o forse è un canale, con una piccola imbarcazione all’ancora; ancor più al di là un edificio di pietra, e un paesaggio sommario, ove s’intrecciano tronchi di alberi e arbusti.
Il Nudo in un paesaggio è senz’altro uno dei più bei quadri posseduti dalla Fondazione CRTrieste. È un’opera che Enrico Fonda realizzò nel 1925 e che si può assimilare per somiglianza alle opere presentate alla Prima Mostra del Novecento Italiano del 1923, a cui anche l’artista partecipò. Un certo gusto per la scomposizione di matrice cezanniana che il pittore accentuerà nei suoi ultimi anni parigini si può qui apprezzare nel paesaggio sullo sfondo.
La resa del nudo in primo piano, dai volumi pieni, in cui spicca l’efficace sguardo della modella rivolto verso lo spettatore, è ricollegabile a prototipi italiani.
Ma più ancora dei suoi riferimenti pittorici, questo quadro si può leggere in analogia a un passo de Il mio Carso di Slataper, là dove entra in scena un idillio amoroso. Proviamo a leggerlo:
«Creatura fresca, dentro all’anima tutto è speranza di vita come in un bosco sotto la calura. La piccola erba carezza il ceppo rugoso, tremando nell’aspettativa. La terra mormora, l’acqua è vicina. Ecco l’acqua, la fresc’acqua. E tu sei qui fra le mie braccia, creatura.»