Nostro Carso, nel cui titolo riecheggia il libro di Scipio Slataper, fu portato a termine nel 1931 e venne esposto alla Mostra Autunnale d’Arte di Trieste e alla terza Mostra d’Arte Triveneta a Padova nel 1932.
Pur essendo apprezzato principalmente come pittore di marine, quest’opera testimonia la maestria di Guido Grimani come paesaggista anche nella rappresentazione dell’entroterra.
Il dipinto è un significativo esempio degli ultimi anni di carriera dell’artista. L’opera rappresenta una scena pastorale illuminata da una luce tersa che tratteggia con precisione le forme. Lo schema compositivo, così come la decisione di inserire la figura della pastorella che discende il sentiero è un chiaro richiamo ai famosi idilli campestri di Francesco Paolo Michetti.
Nostro Carso è un dipinto in cui si riflettono la luce, i colori e perfino gli odori del Carso, tra la lucentezza delle pietre, l’azzurro del cielo e la brezza del mare.
Sembra la precisa restituzione visiva di una bellissima pagina de “Il mio Carso” di Slataper:
“Correvo col vento espandendomi a valle, saltando allegramente i muriccioli e i gineprai, trascorrendo, fiondata sibilante. Risbalestrato da tronco a frasca, atterrato dritto sulle ceppaie e sul terreno, risbalzavo in uno scatto furibondo e romoreggiavo nella foresta come fiume che scavi il suo letto. E dischiomando con rabbia l’ultima frasca ostacolante, ne piombavo fuori, i capelli irti di stecchi e foglie, stracciato il viso, ma l’anima larga e fresca come la bianca fuga dei colombi impauriti dai miei aspri gridi d’aizzamento.”