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La Collezione d’Arte
Giovanni Zangrando
Modella
Litografia, cm 18,2 x 10,9

Nell’eccezionale stagione, per l’arte triestina, a cavallo fra Otto e Novecento, Giovanni Zangrando occupa un ruolo di sicuro rilievo. Dopo le mostre realizzate a Trieste nel 1984 e a Vodo di Cadore nel 2003, sull’artista si è fatta luce sebbene manchi, ad oggi, ancora un catalogo ragionato che ne permetta una corretta valutazione della vulcanica e altalenante produzione che lui stesso, con estrema onestà, considerava così: “Lavorai molto, forse troppo…”. Dopo una prima formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Molmenti e Cadorin avvenuta fra il 1884 ed il 1889, ha modo di completare i propri studi, in linea con le scelte degli amici Veruda, Wostry e Rietti, tra il 1889 ed il 1893 a Monaco di Baviera sia all’Accademia che nella prestigiosa Lenbach Schule. L’importanza di Zangrando per l’arte giuliana si misura soprattutto nel periodo pre-bellico, tra il 1905 ed il 1914 allorquando, con Guido Grimani, formerà un’intera giovane generazione di valenti artisti (da Nathan a Levier, da Marchig a Sambo) in una propria scuola di pittura. La più remota delle opere presenti nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio è la litografia raffigurante la Modella, dalla silhouette evidentemente verista come l’avrebbero realizzata pure un Wostry o un Barison allo scadere del secolo XIX. Certamente di interesse è la tela con le fattezze d’una Allegoria femminile, probabilmente preparatoria e da collegare ad un ciclo decorativo destinato ad ingentilire uno spazio pubblico, dove l’abilità ritrattistica di Zangrando – dimostrata con profitto negli anni monacensi – emerge con forza nel bel volto racchiuso dai racemi di vite. Viene rappresentato pure il Zangrando paesaggista, spesso messo in secondo piano rispetto al ritrattista, con due tavole agli antipodi per fluidità e ricchezza cromatica. La veduta di Piazza del Campo a Siena, si colloca tra il 1914 ed il 1919 ovvero quando, con la moglie Miete e il figlio Tullio, Zangrando fu costretto ad allontanarsi da Trieste per gli eventi bellici e rifugiarsi in Toscana. Sono anni cruciali per il pittore nel campo paesaggistico, che lo portano alla scoperta di una pittura all’aria aperta fatta di pennellate brevilinee ma pastose nella resa generale. Il Piave a Vas è un’opera che mette in evidenza la ricerca luministica di Zangrando, in un omaggio alle terre natie (i genitori erano originari di Vodo di Cadore); la luce colpisce la chiesa sulla destra del dipinto descrivendone con dovizia di particolari l’architettura violata dal tempo e aprendosi, a raggi ben delineati, sul paesaggio retrostante lasciando la figura della popolana immersa nell’ombra.

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