Il Carso torna ad essere protagonista all’interno del quadro del pittore triestino Mario Lannes.
Alle spalle di alcuni alberi in primo piano, tracciati con dense pennellate di colore, si apre un susseguirsi di rilievi collinari e montuosi, che accompagnano il nostro occhio fino all’orizzonte, là dove le sfumature dei rilievi finiscono per confondersi con quelle del cielo terso.
Proviamo allora a ritornare alle parole di Scipio Slataper:
«Traversavo i prati e mi godevo del sussurro dei piedi fra l’erba già alta, camminando lentamente, un po’ curvo, a capo scoperto, sotto il sole, come chi va spiando da piccole tracce e piccoli strepiti una cosa che s’allontana cautamente. Tutte le carnose papilionacee, rosse, gialle, screziate, sono in fiore. Le foglie delle querce s’inturgidiscono di succo, e i ginepri sono più coccole che aghi: coccole verdognole, lisce, fresche come gocce marine. I tronchi dei platani si spellano, e all’annodatura i primi rami sono gonfi di muscoli crespi come braccia di forti creature. L’erba dai prati s’allarga sulla strada maestra.»
Il dipinto Paesaggio Carsico venne realizzato nel 1953, ma a livello stilistico può essere facilmente avvicinato ad altri quadri dello stesso autore risalenti a quindici anni prima. All’interno della parabola artistica di Lannes, infatti, Paesaggio Carsico rappresenta un perfetto esempio della ricerca naturalistica che interessò la sua produzione già sul finire degli anni Trenta.
L’opera appare anche come un prezioso testimone di un periodo come quello post-bellico, particolarmente difficile per il pittore, pressoché isolato nel panorama artistico della regione a causa dei forti legami intrattenuti con il regime fascista tramite l’ambiente del Sindacato artistico giuliano.