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La Collezione d’Arte
Nicola Sponza
Ponterosso
Olio su tavola, cm 37,8 x 58

Nato a Corfù da padre originario di Rovigno nell’Istria e madre greca, Sponza si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Atene  nel solco di una tradizione ottocentesca, dove espone per la prima volta al Museo Archeologico nel 1942. A partire dal 1945 è in Italia dove, nel 1950, riesce a presentare i suoi lavori di ascendenza ottocentesca alla XXV Biennale di Venezia. Proprio negli anni Cinquanta, dopo un breve soggiorno fiorentino, si stabilisce a Trieste dove ottiene un successo notevole di critica. Nel 1951 espone a Milano un’ampia selezione di disegni e, presentato in catalogo da Garibaldo Manussi, viene affiancato alle ricerche di Pio Semeghini. Nel 1959 Ghedini, che lo recensisce su La Nazione di Firenze, dopo aver visto i suoi lavori alla Galleria Ciardelli di Pisa, si trova a difenderlo poiché: “Sponza non è un ottocentista come molti affermano, o per lo meno, lo è solo se in questa definizione cronologica vogliamo sistemare tutti coloro che amano ritrovare nella propria trasposizione artistica il mondo come lo vediamo”. Eppure la definizione di un altro critico, vale a dire Bruno Morini nel 1956 per Il Giornale d’Italia che scrive della mostra personale di Sponza alla Barcaccia di Roma, pare la migliore per comprendere esattamente lo stile del pittore: “La pittura dello Sponza s’innesta degnamente – continuandone la gloriosa tradizione – in quella dei grandi tonalisti veneti, dal Guardi a Guglielmo Ciardi; ma con l’accenno alla nobile parentela non s’intende certamente escludere che questo artista di razza possegga perentorio un suo linguaggio diretto e attuale.”

Le opere presenti nelle collezioni d’arte della Fondazione, raccolgono sostanzialmente tutta la produzione del pittore. Dal 1948 quando in una piccola tela riporta le prime impressioni di Trieste, in questo caso del Canale di Ponterosso dove scorgiamo, con rapide pennellate, la chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo sullo sfondo e le cupole di San Spiridione sulla destra. Del 1950 è la tavola, importante pure per motivi biografici poiché l’artista si era trasferito nell’immediato dopoguerra a Monfalcone per lavorare ai cantieri navali, raffigurante la motonave Giulio Cesare poco prima del varo ed esposta alla Mostra Nazionale d’Arte di Trieste (titolata Cantiere).

Firmato e datato nel dicembre 1952, è il disegno a china, stenografico nella resa (De Pisis viene, non a caso, spesso citato dai critici che di lui scrivono in questi anni) con protagonista la nave Duca degli Abruzzi. Riferibile a questa produzione è pure il disegno della Vulcania attraccata al porto di Trieste. Dei soggiorni romani, effettuati per le mostre collettive e personali (espone pure alla Quadriennale del 1951 e alla Galleria “Barcaccia” nel 1956) sono il disegno appena delineato del Ponte di Castel Sant’Angelo e la tavola, dagli impasti vigorosi, con una veduta del Ponte Umberto I. Seguendo le vedute di Trieste, ci si immerge nel mondo post-impressionista di Sponza sino al 1960 con opere come Tenda rossa a Duino, Rimorchiatori, la Sacchetta, e il Corso Italia con il Palazzo della Borsa sullo sfondo di una Trieste resa con spirito e pennellata da romantico francese. Diverso il caso dei Pescherecci a Grado che ci mostrano uno Sponza diverso, più soffuso, nonostante la matericità, e cromaticamente omogeneo.

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