“Il volto lunare e lo sguardo quasi di sfida” scrive Franca Marri nella monografia dedicata a Vito Timmel in merito al Ritratto di signora del 1932. Un ritratto che, possiamo aggiungere, vede nello sfondo una Trieste intrisa di incubi notturni e lontana anni luce dalle vedute da cartolina che i colleghi di Timmel consegnavano al mercato e alle esposizioni in quegli stessi anni. Una diversità stilistica ben chiara sin dagli esordi da parte dell’artista nato a Vienna e che nella capitale austro-ungarica si formò, tra litigi costanti con i vari professori e insoddisfazione generale nell’iter accademico tra il 1905, dapprima alla Kunstgewerbschule, e il biennio 1907-1909 all’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Christian Griepenkserl. Suo costante punto di riferimento artistico era la Secession, o meglio l’astro di Gustav Klimt, che riscuoteva nel giovane Timmel l’ammirazione totale. Quando iniziò ad esporre a Trieste nei primi anni Venti, trovò consenso immediato, specie in Silvio Benco che nel 1922 scriveva “Il suo senso decorativo, alle innovazioni del colore, impensate sempre, talvolta squisite, raggiunge la grazia dell’arabesco.” Una fortuna pittorica che trovava il suo bilanciamento in una vicenda biografica piuttosto infelice, essendo l’artista caduto, a partire dai primi anni Trenta (vale a dire nella fase in cui realizza il Ritratto di signora) in un periodo buio fatto di alcoolismo e allontanamento dalla società che lo condurrà, nonostante una breve parentesi, a chiudere i suoi giorni all’Ospedale psichiatrico il 1 gennaio 1949.
La Collezione d’Arte
Vito Timmel
Ritratto di signora
Olio su tela, cm 55,7 x 49,1